Nuova autocertificazione – I prossimi congiunti.
AVV. Vanessa Alecci
Ci si chiede quando arriverà il nuovo modulo per l’autocertificazione? La risposta, due giorni dopo il varo del nuovo decreto, è: ancora non si sa!
Vi è di certo che fino al 4 maggio — data di entrata in vigore delle nuove disposizioni — il modulo resterà quello attualmente a disposizione (che si può scaricare qui). Che dal 4 maggio, e per almeno altre due settimane, l’autocertificazione servirà ancora. E che si amplieranno le motivazioni accettate per giustificare il movimento fuori dalla propria abitazione.
Alle tre motivazioni che consentono, oggi, gli spostamenti («comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute») se ne aggiungerà infatti una quarta: l’incontro con i congiunti. Su chi si possa considerare nella categoria dei propri congiunti c’è, al momento, qualche incertezza.
Il termine “congiunti” non appartiene al vocabolario giuridico, tranne che nel Codice penale, articolo 307, che così recita: Agli effetti della legge penale, s’intendono per i prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole.
Il Codice civile conosce i “parenti” e gli “affini” mentre la legge 76/2016 ha introdotto la nozione di soggetti partecipi di una “unione civile” e la nozione di “conviventi di fatto”. La parola, quindi, è tanto allettante per spezzare l’isolamento quanto “equivoca” per il diritto.
Sono sicuramente congiunti i coniugi, intendendosi tali coloro i quali siano legati dal vincolo del matrimonio.
Forse sono affini i soggetti partecipi di un unione civile cioè, persone del medesimo sesso che hanno stipulato una unione civile sono parificate quasi del tutto alle persone che hanno contratto un matrimonio “tradizionale” (quindi gli uniti civili, tra loro, sono sicuramente da considerare come “congiunti”). Nell’ambito delle situazioni non parificate rientra però il rapporto di “affinità”. L’articolo 1, comma 20, legge 76/2016, in effetti, afferma che quando la legge parla di “coniuge”, il riferimento va inteso come comprendente anche il soggetto partecipe di una unione civile. Però, questa norma sancisce che la parificazione non si applica alle norme del Codice civile non richiamate espressamente nella legge 76/2016: ebbene, la normativa sull’affinità non è richiamata e, pertanto, tra un unito civile e i parenti dell’altro unito civile non si origina un rapporto di affinità.
Si pone anche per questa figura il quesito se essi, dunque, siano, o meno, “congiunti”: avendo il legislatore utilizzato un termine atecnico, a significare che si possono incontrare coloro che hanno strette relazioni personali, appare possibile concludere che anche su costoro non dovrebbe gravare il divieto di spostamento e di incontro. Altrimenti vi sarebbe l’assurdo che due cugini si possano tranquillamente incontrare mentre un unito civile (o un convivente di fatto) non potrebbe incontrarsi con i figli o i genitori dell’altro componente della coppia.
I conviventi di fatto
Si dice convivenza di fatto il rapporto tra due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. La convivenza di fatto non genera “affinità” tra uno dei conviventi e i parenti dell’altro. Quindi, nel caso della visita che un convivente desideri compiere al genitore dell’altro convivente, deve ripetersi ciò che si è argomentato sopra in ordine ai soggetti civilmente uniti.
I parenti riconducibili senz’altro all’alveo dei congiunti, infatti sono parenti le persone che discendono da un medesimo stipite ex articolo 74 del Codice civile).
Nonno e nipote si dicono parenti in linea retta di secondo grado in quanto discendono l’uno dall’altro e perché tra essi intercorrono due generazioni (articolo 75 e 76 del Codice civile). Due fratelli sono parenti in linea collaterale di secondo grado in quanto non discendono l’uno dall’altro e perché salendo da un fratello allo stipite comune (il padre) e ridiscendendo fino all’altro fratello si incontrano due generazioni. In base al medesimo ragionamento zio e nipote sono parenti in linea collaterale di terzo grado e due cugini sono parenti in linea collaterale di quarto grado. La parentela non è riconosciuta oltre al 6° grado (articolo 77 del Codice civile): per aversi due parenti entro il 6° grado bisogna pensare al rapporto che intercorre tra i figli di due cugini.
Stessa conclusione (rientrano fra i congiunti) con riguardo gli affini:: essi sono (articolo 78 del Codice civile) i parenti di un coniuge rispetto all’altro coniuge. Ad esempio: i suoceri (i genitori del proprio coniuge), la nuora (la moglie del proprio figlio), il genero (il marito della propria figlia), i cognati (i fratelli e le sorelle del proprio coniuge).
Ed infine la questione oggi sottoposta al vaglio di un’interpretazione necessariamente rudimentale riguarda la posizione di fidanzati e amici.
Se si ammette di estendere il concetto di “congiunti” a qualsiasi relazione affettiva o amichevole, la norma in commento sarebbe svuotata di contenuto, perché non vi sarebbe evidentemente più alcun limite al suo perimetro applicativo. Quindi, presupponendo che l’intento del legislatore sia stato quello di emanare una norma con del contenuto specifico, pare di doversi concludere che chi ha relazioni affettive “non giuridicamente strutturate” debba pazientare ancora un po’.
Certo è che quell’intento specifico del legislatore poco si allinea a quei criteri di interpretazione rispetto al termine congiunti, affermati da orientamenti giurisprudenziali consolidati specie in tema di risarcimento del danno. Una fra tutte, le Sezioni Unite della Cassazione (n. 9556/2002) hanno affermato il principio in base al quale ai “prossimi congiunti” della persona che ha subito lesioni, a causa del fatto illecito altrui, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato, in relazione alla particolare situazione affettiva intercorrente con la vittima. Quindi, fidanzati compresi come ribadito da giurisprudenza successiva (Sent. 10 novembre 2014, Cass. civ. n. 46351).